La Terapia Manuale Ortopedica (OMT) è una specializzazione della fisioterapia per il trattamento delle patologie neuro-muscolo-scheletriche, basata sul ragionamento clinico, che utilizza approcci di trattamento altamente specifici, i quali includono le tecniche manuali e gli esercizi terapeutici, ed è guidata dalle prove di efficacia cliniche scientifiche disponibili e dalla struttura biopsicosociale di ogni singolo paziente.
Possiamo considerare il ragionamento clinico come il processo cognitivo che porta a prendere decisioni cliniche. Per questo realizziamo una raccolta di dati in cui ogni domanda e/o azione viene realizzata con con un obbiettivo. Questo ci porterà a generare una serie di ipotesi che, continuando con il processo, andremo confutando fino a definire e realizzare un intervento efficace per ogni paziente.
Si tratta di un modello aperto, per il quale è importante sviluppare certe competenze, come una mentalità aperta e flessibile alla ricezione dell’informazione, un approccio costruttivo ed innovativo per analizzare le informazioni e soprattutto essere disciplinati, metodici e logici nel momento di raccogliere l’informazione.
Brian Mulligan è un fisioterapista d’origine neozelandese, il quale negli anni ’80, propose un nuovo metodo di mobilitazioni muscoloscheletriche nel campo della terapia manuale.
Questa innovativa proposta manipolativa unisce a una mobilizzazione passiva, in forma di un glide di riposizionamento eseguita dal terapista sulla componente accessoria del movimento articolare, a un movimento fisiologico attivo realizzato dal paziente.
Tale combinazione ha lo scopo di ristabilire una corretta posizione indolore della struttura muscolo-scheletrica durante il movimento, la quale si presentava precedentemente dolente.
L’idea basilare di Mulligan è quella di correggere i minimi errori posizionali articolari conseguenziale ad una lesione o ad un uso scorretto, i quali determinano un non corretto allineamento articolare, sia a riposo e sia durante il movimento.
L’idea è innovativa in quanto per la prima volta nel campo della terapia naturale il movimento attivo eseguito dal paziente è inserito nella procedura di trattamento in maniera decisa e continua. In questo modo il paziente è visto come un partner attivo nel trattamento.
Egli non solo riceve passivamente un piano terapeutico manuale, ma attraverso la sua partecipazione motoria indica all’operatore le condizione giuste per eseguire la mobilizzazione.